LA STORIA DEGLI ETRUSCHI DI FRONTIERA IN QUATTRO PARTI
A cura di Francesco Longo
Parte terza
Nel suo primo secolo di vita, la comunità etrusca di Pontecagnano, che si insediò pressappoco nello stesso centro storico di oggi e cioè tra l’attuale strada statale 18 e l’autostrada, si dedicò ad un’economia di sopravvivenza: agricoltura ed allevamento. Ebbe i suoi primi contatti commerciali con le genti delle colline, risalendo il corso dei fiumi Picentino, Tusciano e Sele. I nostri Etruschi probabilmente scambiavano merci pregiate e prodotti agricoli con quelli della pastorizia ed il legname dei boschi.
Ma fu con il porto ed i traffici marittimi che si realizzò la vocazione commerciale dei nostri lontani progenitori: il loro benessere aumentò tanto che la comunità originaria ebbe una notevole espansione demografica ed una nuova articolazione sociale. Accanto agli agricoltori, agli allevatori, ai guerrieri ed agli artigiani comparvero i grandi commercianti. Si costituì una nuova gerarchia sociale che, unitamente al maggiore potere economico, portò Pontecagnano verso il periodo del suo massimo splendore: il Periodo Orientalizzante (ultimo quarto dell’ottavo-prima metà del sesto secolo avanti Cristo).
A questo notevole salto di qualità concorse un fattore esterno: l’insediamento dei Greci ad Ischia (negli anni precedenti il 750 avanti Cristo) ed a Cuma (pochi anni dopo). I Greci erano grandi navigatori e commercianti, dotati di una organizzazione e di una cultura superiori. Risalendo via mare le coste dell’Italia meridionale, approdavano alla foce del Picentino e sostavano da noi. Portavano merci provenienti da tutto il Mediterraneo Orientale, che barattavano con i nostri prodotti: ortaggi, verdura, frutta, bestiame, stoffa ed altri manufatti artigianali. Poi ripartivano per Ischia e Cuma. Era uno scambio di merci, ma anche di idee. Ed i nostri furono pronti ad assimilarle ed anche ad attuarle. Iniziò così, nell’ottavo secolo, una serie di grandi trasformazioni sociali, economiche e politiche che spinsero l’originario villaggio agricolo a trasformarsi progressivamente in una grande e ricca città.
I nostri artigiani, già maestri nella lavorazione del metallo, moltiplicarono e migliorarono la loro produzione. Parallelamente intensificarono le loro attività gli altri artigiani (del legno, della ceramica, dei tessuti) ed anche gli agricoltori e gli allevatori; tutti attratti dalle nuove e ricche prospettive del commercio, che riguardava non più solo gli italici dell’entroterra collinare ed i fratelli dell’Etruria-madre, ma soprattutto gli stranieri. Sfruttando la sua strategica posizione di frontiera, nel giro di alcuni decenni, Pontecagnano divenne una florida e potente città-mercato, un vero emporio internazionale.
Dalle vicine colline ed anche da Sala Consilina e da Matera giungevano legname, lana, latte, formaggi e carne. Da tutto il Mediterraneo orientale (Grecia, Egitto, Siria ed Asia minore) giungevano pregiate merci esotiche. Ed in questo grande mercato si potevano trovare raffinate ceramiche di tutti i tipi, prevalenti quelle importate da Corinto prima e da Atene poi: vasellame, arnesi ed arredi in bronzo, in argento ed in oro (ricercatissimi erano i recipienti in bronzo greci e gli argenti siriani); si trovavano avori finemente lavorati, pendagli e collane di ambra, scarabei ed altri amuleti egiziani, unguenti e profumi rari di produzione fenicia. In questo emporio internazionale arrivavano anche gli attrezzi, gli utensili, gli strumenti musicali e le armi provenienti dagli stabilimenti metallurgici dell’Etruria; insieme ad essi giunsero pure, alla fine del settimo secolo i vasi di bucchero, la ceramica nera tipica dell’arte etrusca, presto prodotta anche in Campania.
Fu così che in questo crocevia di merci e di genti fiorì una scuola di ceramisti di lunga tradizione che, dapprima copiando e riproducendo migliaia e migliaia di “falsi” (orientali e dell’Etruria), poi si specializzò in una originale produzione locale. I vasi di ceramica vennero decorati ed abbelliti dai pittori pontecagnanesi con schemi e motivi particolari di gusto naif.
Intanto l’accresciuto benessere economico comportava, nella piana tra il Picentino ed il Sele, l’insediamento di nuovi nuclei abitati, come quello di Casella sulla laguna piccola e dell’Arenosola sulla laguna grande ed altri ancora più a sud. Anche nelle zone limitrofe ne sorsero altri: a Monte Vetrano ed a S. Maria a Vico. Ed inoltre Pontecagnano accoglieva immigrati dalle comunità vicine, come quelli irpini di Oliveto-Cairano, che venivano a cercare fortuna da noi.
E mentre i Greci da Cuma iniziavano a rosicchiare gli interessi commerciali degli altri centri etruschi (Capua, Nola, Nocera, Pompei e Sorrento), nulla poterono contro Pontecagnano, tanto era diventata importante.
Il vertiginoso incremento delle attività produttive aveva determinato una netta divisione dei compiti ed una notevole specializzazione del lavoro.
Fonti storiche:
Dizionario Enciclopedico Utet ediz.1936; Storia d’Italia di Indro Montanelli; “Museo Archeologico Nazionale di Pontecagnano” della Soprintendenza di Salerno Avellino Benevento; “Il parco eco-archeologico di Pontecagnano Faiano” di Le Fol Julie ed altri; “L’agro picentino e la necropoli di località Casella” di Teresa Cinquantaquattro (Istituto Orientale di Napoli); gli elaborati della Scuola Media Picentia negli anni scolastici 1996-97,1999-2000, 2000-01; “Appunti di studio” suggerimenti e supervisione del professore Giancarlo Bailo Modesti, dell’Università di Napoli
Il testo è stato redatto da Francesco Longo.
L’opera è dedicata alla memoria del professore Giancarlo Bailo Modesti.
Pontecagnano, maggio 2009